Presidente D’Alema, l’Istat non è ottimista come Berlusconi: un milione di famiglie non ha i soldi per mangiare...
«La situazione è estremamente grave e io credo che bisogna mettere al centro una crisi sociale ed economica senza precedenti. Sono oltre tre milioni i precari che rischiano di non veder confermati i loro contratti. Di fronte a questa realtà il governo ha deliberatamente deciso di non far nulla... »
Sacconi vuole la settimana corta...
«Si avanza qualche proposta anche ragionevole, ma siamo ai pannicelli caldi rispetto ai programmi imponenti di altri Paesi. Noi siamo agli appelli di Berlusconi al buon umore. Il governo è paralizzato dai contrasti e sottovaluta gravemente la situazione»
La crisi è stata al centro della direzione Pd di venerdì scorso...
«Veltroni ha indicato problemi e soluzioni. Mi pare un progetto importante quello di dedicare un punto di Pil a una grande manovra anti crisi fatta di misure sociali, sostegni allo sviluppo e investimenti. A queste proposte Berlusconi ha risposto lanciando improbabili e velleitarie riforme della Costituzione».
Annunci che non avranno seguito, quindi, quelli sul presidenzialismo?
«Faccio notare che pochi minuti dopo la dichiarazione del premier Bossi ha detto “non se ne parla neanche”. E, comunque, già 10 anni fa abbiamo tentato di fare una riforma delle istituzioni che prevedeva, tra le altre cose, l’elezione diretta del Capo dello Stato. Berlusconi, poi, si è tirato indietro».
Niente riforme condivise, quindi?
«Se si vuole affrontare con serietà il tema il punto di partenza è la bozza Violante. Da quel documento abbiamo preso le mosse per la proposta delle fondazioni, che rimane il testo più serio e condiviso per riforme costituzionali e legge elettorale».
Il governo annuncia per imminente la riforma della magistratura...
«Non c’è dubbio che in questo paese ci sia bisogno di una giustizia più veloce ed efficiente, ma le riforme prospettate da Berlusconi peggiorano i mali. Non credo, infatti, che la risposta sia nella separazione delle carriere, che porterebbe i pm a essere ancora di più un potere separato. Abbiamo bisogno, invece, che la cultura della giurisdizione orienti e spinga le procure a muoversi con efficacia, ma anche con senso della misura e saggezza. Le vicende di questi anni ci spingono alla fiducia, ma anche alla cautela. Sono troppi i casi in cui al clamore delle indagini fanno seguito proscioglimenti clandestini che non restituiscono alle persone e alle istituzioni alcun risarcimento per il danno subito».
Un rischio presente anche nelle inchieste di Napoli e Pescara?
«Spero si accerti che non sono stati commessi degli illeciti e che la magistratura, nello svolgimento sereno e indipendente del proprio lavoro, possa arrivare a queste conclusioni. E mi pare che, in qualche caso, si vada ridefinendo e ridimensionando la portata delle accuse. Anche per questo, prima di formulare un giudizio definitivo sulla politica, o sul Pd, vale la pena di attendere e valutare».
Ma non è evidente il venir meno di una tensione etica nella politica?
«Certo e io non lo sottovaluto affatto. Ma questo aspetto non può essere confuso con quello giudiziario. La reazione all’emergere di concezioni della politica assai discutibili non può essere affidata alle procure della Repubblica. L’unico rimedio, qui, è avere un partito vero. Un partito forte è in grado di sapere, nella gran parte dei casi, se un amministratore sotto inchiesta è una persona perbene oppure no. Perché lo conosce, ne segue il lavoro e lo giudica quotidianamente. Sa, cioè, se bisogna difenderlo o no, sempre in un rapporto corretto con i magistrati. Il venir meno di questa forma fondamentale di vita della democrazia alimenta solitudini e visioni personalistiche della politica. Anche per questo abbiamo iniziato a riflettere sulla primarizzazione della vita interna del Pd. Se perfino per fare il segretario di sezione devi farti la campagna elettorale, il rischio di sprofondare nella logica dei potentati personali diventa fortissimo».
Basta costruire il partito per evitare l’emergere di una questione morale, quindi?
«L’idea che il Pd sia travolto dalla questione morale non l’accetto. Oltre che con la costruzione del partito, all’emergere di casi di malcostume si deve rispondere con una radicale riforma della politica che dovrebbe partire, a mio giudizio, da una drastica riduzione del ceto politico, che ne aumenterebbe l’autorevolezza e che rafforzerebbe anche i poteri di controllo delle istituzioni».
Lei batte sul tasto del partito, la direzione ha dato un segnale chiaro...
«Abbiamo avuto una riflessione critica sul partito, ma al contrario ho letto ricostruzioni sconcertanti».Lei ha parlato di amalgama mal riuscito...«Le frasi vanno lette nel loro contesto. Walter per primo ha denunciato una situazione di difficoltà indicando come causa il correntismo. Io, condividendo la preoccupazione, ho detto che vedo più il rischio dell’anarchia e della frantumazione. Il correntismo sarebbe, a suo modo, un ordine discutibile ma un ordine. L’unico modo per amalgamare le forze è quello di fare un partito vero. Ma se a livello centrale e periferico si incontrano i dirigenti ex Ds da una parte e quelli ex Margherita dall’altra, riunioni che io non promuovo e alle quali non partecipo, debbo desumere che fin qui la fusione non è perfettamente riuscita. Spero che siamo alla vigilia di un’azione energica perché questi fenomeni non ci verifichino più».
Per Veltroni la fusione è avvenuta nel popolo del Pd...
«Non sono in disaccordo con lui. Ma un partito è anche fatto di gruppi dirigenti e questa fusione dobbiamo determinarla anche a quel livello».E c’è molto da fare anche sul rinnovamento...«Io ho già dato il buon esempio: non faccio parte di nessun organismo di partito e, quindi, non difendo posti che non ho. In questi mesi ho promosso 37 iniziative di livello nazionale e internazionale, seminari di grandissimo rilievo. Non avrei avuto il tempo per organizzare correnti. Ho un alibi: l’enorme mole di lavoro prodotto da un centro di cultura riformista come ItalianiEuropei. Acceleriamo il rinnovamento, comunque. E cerchiamo di mettere i giovani che hanno delle idee innovative in condizione di poter giocare la loro partita. Ma non usiamo questo tema strumentalmente in chiave di polemica tra noi coetanei che veniamo da una stessa generazione».
Si riavvia il Pd, quindi?
«La relazione di Veltroni ha offerto una base seria di discussione. C’è stato un dibattito vero. La Direzione ha rappresentato un passaggio positivo da cui ripartire. Adesso spetta al gruppo dirigente e al segretario unire tutte le forze perché lavorino insieme».