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16 settembre 2009

• Taranto: «Stop a nuova centrale Eni» ma il ministero dà l'ok

E’ un fuoco di fila incrociato. Il via libera del ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, alla nuova centrale elettrica dell’Eni, che la costruirà nella raffineria, fa insorgere gli ambientalisti, la politica e il sindacato. Nel mirino il ministero, visto che ha detto sì ad un progetto al quale la Regione, poco più di un mese fa, aveva detto no perchè aumenta significativamente le emissioni di CO2, gas serra, dove Taranto detiene un record nazionale anche per la presenza dell’Ilva. «Rimaniamo allibiti dinnanzi alla recente firma da parte del ministro Prestigiacomo che autorizza l'ampliamento della centrale elettrica Eni di Taranto» dicono gli ambientalisti del Comitato per Taranto.

Una critica netta in considerazione che proprio la Prestigiacomo, l’1 luglio, aveva inaugurato a Taranto nell’Ilva l’impianto che, attraverso il procedimento Urea, riduce le emissioni di diossina, altro pericoloso inquinante, e che in quella sede lo stesso ministro aveva evidenziato come occorra fare ancora molto per abbattere l’inquinamento che soffoca Taranto. Invece ora arriva la firma sulla centrale all’Eni. « Nessuna considerazione, evidentemente - dicono gli ambientalisti -, per il parere contrario espresso dalla Regione Puglia. Questo comporterà, proprio nella città più inquinata d'Europa, per legge dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale, un micidiale incremento della quantità di anidride carbonica e monossido di carbonio» Per gli ambientalisti si è difronte «a evidenti e innegabili ricadute sulla salute dei tarantini e sulla qualità di un ambiente già pesantemente compromesso come quello dell'intera provincia.
Di fronte all'atteggiamento, ancora una volta, irresponsabile mostrato dal Governo nei confronti della tutela della salute pubblica e della salvaguardia dell'ambiente, la cittadinanza deve mobilitarsi prontamente per ribadire il proprio no al modello di sviluppo industriale che continua a condizionare da troppo tempo il nostro destino. Le mortificazioni dovute ad anni di inquinamento selvaggio, ma anche di silenzi e complicità istituzionali, senza contare i tanti, troppi morti che la città piange ogni giorno a causa proprio dell'inquinamento di origine industriale, esigono una pronta inversione di tendenza che rende intollerabile questo ennesimo atto del Governo ai danni dei tarantini».

Per gli ambientalisti del Comitato per Taranto, gli stessi che sono scesi in campo per la legge taglia-diossina, «le scelte del Governo italiano continuano ad allontanare il nostro Paese, e Taranto in particolare, dall'Europa, trascinandola in direzione opposta rispetto agli obblighi internazionali che, come nel caso del protocollo Kyoto, puntano a ridurre entro il 2012, proprio le emissioni di Co2, rispetto al quale questo decreto è incompatibile. Il ministero dell'Ambiente, sostenendo incondizionatamente le richieste di Eni ed Ilva, continua a contravvenire alle regole che, a fatica, gli organismi internazionali stanno adottando a tutela del futuro del pianeta, relegando la salute dei cittadini ad un ruolo di inaccettabile subalternità rispetto al profitto e alla produzione». Netta la richiesta che gli ambientalisti fanno alle istituzioni locali: «Si crei una comunità di intenti che metta per una volta i tarantini nelle condizioni di venire considerati prima degli interessi economici delle grandi industrie, ponendo le basi per un futuro realmente all'insegna di uno sviluppo umanamente sostenibile».
Gazzetta del Mezzogiorno