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23 luglio 2012

• L'Italia protagonista nel Mediterraneo


Ad un anno esatto di distanza dalla prima missione del segretario Bersani, nei giorni scorsi abbiamo visitato il martoriato Medio Oriente. Facendo tappa a Tel Aviv, Gerusalemme, Ramallah, Il Cairo, abbiamo avuto modo, grazie ad una molteplicità di incontri bilaterali con i diversi protagonisti, di sostenere la proficua attività di cooperazione di cui e' protagonista il Dipartimento Esteri del Partito Democratico.

Gli eventi dello scorso anno, conosciuti al mondo come le Primavere Arabe hanno aperto uno scenario straordinariamente nuovo, carico di potenzialità ma gravido, al contempo, di enormi rischi per la sponda sud del Mediterraneo. L’epocale processo di democratizzazione in corso nei Paesi arabi protagonisti delle rivolte del 2011 è fortemente caratterizzato dalla evoluzione politica dei movimenti islamici. Dalla Libia alla Tunisia, le nuove forze di governo si muovono tra ricostruzione economica, piazze in continuo fermento e le timidezze dei principali attori stranieri a partire dagli Usa e dalla Ue. In Egitto, in special modo, le attese sono alte e dalla dura prova nel cruciale governo post Mubarak, si potrà comprendere la natura dei Fratelli Musulmani del partito egiziano "Giustizia e Libertà". Al contempo, la guerra civile in Siria, cuore strategico mediorientale, produce scossoni negli equilibri dell'area, cambia la stessa natura della Lega Araba, apre nuovi scenari politici nei Paesi confinanti, anche se, non e' difficile da registrare, ha come contraltare il ruolo sostanzialmente imbelle della Comunità Internazionale bloccata dai veti russi e cinesi.

Ecco una evidente contraddizione. Quanta distanza si avverte tra il racconto nelle opinioni pubbliche europee e il susseguirsi di eventi mediorientali come se al giubilo per le rivolte giovanili arabe si fosse tornati ad una placida indifferenza. Non a caso, l'atroce attentato terroristico contro i turisti israeliani segnala come lo sfondo di questa complessa vicenda mediorientale e' rappresentato da fratture repentine, odi e violenze mai sopite e dallo strisciante scontro tra Israele e Iran che potrebbe vivere accelerazioni drammatiche a dispetto delle diplomazie. Da qui la prima annotazione: il terribile massacro di Burgas conferma quello che per le vie di Tel Aviv, Gerusalemme e Ramallah si constata con nettezza ossia come il conflitto israelo-palestinese continua ad essere, anche nel nuovo Medio Oriente segnato dalla guerra civile siriana, il banco di prova fondamentale della pacificazione dell'intera area; un conflitto che e' sempre più il punto luce di un complesso e drammatico scacchiere ideologico, religioso, economico, politico e sociale.
I luoghi politici ed istituzionali, gli incontri tenuti con i principali leader delle forze politiche e dei movimenti della sinistra e del campo della pace israeliani e palestinesi trasmettono indeterminazione ed un pericoloso arretramento dalla idea cardine, per noi sempre valida, della soluzione "due popoli due Stati".

Mentre la destra israeliana sembra aver pienamente codificato, con un ampio sostegno popolare, la propria idea unilaterale di sicurezza e difesa del proprio Stato, innalzando muri, violando sistematicamente le risoluzioni dell'ONU e gli appelli al dialogo, stravolgendo la geografia della Cisgiordania con un intensa opera di insediamenti di colonie che compromettono lo status di Gerusalemme, la sinistra, orfana delle leadership più forti del passato, sembra scivolare verso posizioni minoritarie e non più in sintonia con il sentimento prevalente degli israeliani. Il Labour israeliano, della cui funzione di promotore di pace non abbiamo mai dubitato, vive da anni, nonostante una ripresa nei sondaggi, una fase di grande difficoltà, combattuto tra la ricerca di nuove priorità nella propria agenda politica (crisi economica, sistema educativo, nuove forme di assistenza sociale) e la difficoltà a sintonizzarsi con le nuove sfide che attendono Israele nel campo della sicurezza e delle politiche di vicinato. "There is no one to talk to", è retorica dominante tra le leadership israeliane, ma alla prova dei fatti esponenti del governo israeliano continuano a cancellare qualsiasi spazio per il dialogo mantenendo alle corde Fatah su tutti i terreni negoziali (ne sia esempio la recente liberazione di centinaia di prigionieri legati ad Hamas, mentre personalità di primo piano di Fatah come Marwan Barghouti sono al centro di campagne per la liberazione). E' necessaria allora una nuova grande iniziativa politica, di caratura europea, che l'Italia ed in modo particolare i democratici italiani possono senza dubbio promuovere, per rafforzare la prospettiva di pace, democrazia e sviluppo economico nell'area mediterranea nel pieno rispetto dei diritti e della sicurezza israeliana come delle prerogative nazionali dei palestinesi. In questo senso la prima vera prova sarà rappresentata dal prossimo voto nell'assemblea dell'ONU alla richiesta palestinese su cui l'Italia dovrà confermare con autorevolezza il proprio ruolo. L'Italia come agente trainante di cooperazione e dialogo tra le due sponde Mediterraneo: ecco la seconda annotazione, visto lo stallo nel processo di pace e la defenestrazione dei dittatori che aprono a transizioni piene di incognite in vari Paesi. Sembra paradossale parlarne in questi giorni con la UE piegata nelle crisi economica e le altre potenze mondiali con agende limitate all'interesse nazionale. Ma questo scenario aperto dinanzi a noi può indicare il maggior indirizzo geopolitico per la crescita economica nazionale che l'Italia (e il suo sud) porta in dote ad una Europa in difficoltà.

L'Egitto è una evidente prova. La nuova leadership egiziana giocherà certamente un ruolo cruciale nella vicenda israelo-palestinese, ma la sfida, il cui successo avrà conseguenze significative per tutto il mondo arabo è nel risolvere la drammatica crisi economica in cui il Paese più popoloso dell’area sembra essersi avvitato. Aver vinto le elezioni legislative prima e le presidenziali poi costringe il braccio politico della Fratellanza Musulmana a rispondere con efficacia ad una situazione economico e sociale potenzialmente esplosiva. La crescita della criminalità diffusa sul territorio, il crollo dei flussi turistici e degli investimenti internazionali da un lato e dall’altro la difficile coabitazione con l’esercito, le cui gerarchie detengono un potere soprattutto economico, sono gli elementi di un’equazione il cui risultato può portare il segno negativo del fallimento degli ideali di cambiamento che hanno spinto tanti giovani manifestanti vittime degli scontri dell’anno passato.

In definitiva siamo dinanzi ad una fase politica delicatissima, sono in discussione gli equilibri geopolitici del Medio Oriente e dell'intera area mediterranea. Dentro questa stagione l'Italia può e deve scegliere un ruolo di primo piano. In questo nuovo contesto i progressisti devono riaffermare i propri valori di pace, dialogo tra culture, cooperazione, rispetto dei diritti umani.

Giacomo Filibeck - coordinatore dipartimento esteri Pd
Roberto Speranza - segretario regionale Pd Basilicata
Michele Mazzarano - consigliere regionale Pd Puglia
Enzo Amendola - segretario Pd Campania