Discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2) (ore 15,10).
(Discussione - Doc. LVII, n. 2)
LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per il secondo anno consecutivo del Governo Berlusconi nel DPEF manca il Mezzogiorno d'Italia. Eppure le regioni del Mezzogiorno hanno le risorse, che però sono utilizzate per affrontare la crisi dell'intero Paese, e non hanno gli strumenti per erogarle direttamente. È proprio un paradosso che è utile sciogliere quanto prima possibile.
Onorevoli colleghi, il sud è un'area vasta ed articolata composta da 8 regioni, 41 province, con 21 milioni di abitanti (il 35,6 per cento del nostro Paese), con una superficie di 124 mila chilometri quadri (il 46 per cento del nostro Paese) ma con un PIL più debole (solo il 26,9 di quello del Paese), con una poco articolata struttura industriale ed occupazionale nelle manifatture e con un PIL pro capite del 23,7 per cento.
Ora mi piacerebbe che il Governo in carica e i colleghi di quest'Aula condividessero con tutti noi, preoccupati per il futuro del Mezzogiorno, il dato sostanziale e incontrovertibile che dimostra come sia stata smantellata una quota importante delle politiche di sviluppo per il sud con una pratica rapida ed intensa davvero impareggiabile. Sono state cancellate una parte rilevante delle politiche di sviluppo territoriale del nostro questo Paese.
Il Governo ha finanziato tutti i suoi interventi di politica economica attraverso l'utilizzo di risorse finanziarie assegnate agli interventi in conto capitale principalmente nel Mezzogiorno.
Questo Governo, onorevole rappresentante del Governo, con i decreti-legge anticrisi ha spostato una parte consistente delle risorse finanziarie FAS del Mezzogiorno nelle aree a più alto tasso di sviluppo, inaugurando così un modello redistributivo delle risorse funzionale alla ristrutturazione di una sola parte del Paese.
Il Governo nei decreti-legge anticrisi ha dirottato verso il settore del credito le risorse disponibili precedentemente programmate per la politica industriale aiutando la ricapitalizzazione delle banche - vedi Tremonti bond e Confidi - e cancellando le agevolazioni nel sud.
Con le revoche della legge n. 488 si finanzia la spesa ordinaria mentre i crediti di imposta per investimenti non sono stati rifinanziati e i contratti di programma non sono più limitati alle aree sottoutilizzate; nel Mezzogiorno le agevolazioni sono passate da 6 miliardi e mezzo a un miliardo e mezzo. Si sono ridotte dell'86 per cento al sud, mentre al centro-nord del 27 per cento. Persino le zone franche urbane non riescono a decollare in attesa dei decreti attuativi da un lato e dell'autorizzazione finale da parte dell'Unione europea.
Voglio segnalarvi, inoltre, che la spesa pubblica pro capite nel Mezzogiorno è stata nel 2008 di 10.490 euro, inferiore rispetto ai 12.300 euro pro capite del centro-nord.
La quota del Mezzogiorno sulla spesa in conto capitale è stimata nel 2008 al 34,9 per cento; una percentuale ben più bassa del 41,1 per cento del 2001 e lontanissima dall'obiettivo del 45 per cento come stabilito per legge. La legge di cui parlo è la legge 5 maggio 2009, n. 42, più nota come federalismo fiscale.
Ora, colleghi, tra il 2008 e il 2009 il Governo Berlusconi ha accentuato enormemente la pratica di utilizzare le disponibilità del FAS come bancomat. Gli stanziamenti FAS del bilancio dello Stato hanno perciò subito decurtazioni pari a 16,4 miliardi nel periodo 2008-2011; ad essi si sono aggiunti i 4 miliardi per gli ammortizzatori e, infine, si stanno aggiungendo i 4 miliardi per il terremoto in Abruzzo.
Ora, il Governo, anzi il Presidente del Consiglio annuncia attraverso la stampa un piano per il Mezzogiorno.
Leggiamo di un solenne impegno non verso il Parlamento ma assunto nei confronti dell'onorevole Micciché e del presidente Lombardo. Trattasi - dice il piano sulla stampa - di destinazione di 18 miliardi di euro di FAS regionale e interregionale per il Mezzogiorno. Si aggiunge 7-8 miliardi di euro per le infrastrutture e, forse, un Ministero per il Mezzogiorno.
Onorevole Berlusconi, direbbe ella: mi consenta. Quei 18 miliardi sono un'assegnazione intoccabile delle regioni meridionali, pena la revoca da parte dell'Unione europea.
Ma la cosa abbastanza grave è il fatto che regioni come la Puglia e la Sicilia hanno presentato già da maggio scorso i piani attuativi regionali e gli stessi non sono stati ancora autorizzati e Dio sa quanto era ed è urgente mettere in circolazione quelle risorse finanziarie trattenute e le opere pubbliche per attenuare i crampi della crisi nel Paese e nel Mezzogiorno.
Signor Presidente del Consiglio, in ordine all'annuncio di 7 o 8 miliardi per le infrastrutture, anche qui mi consenta: siamo ancora agli spot? Dal ponte dello stretto di Messina al corridoio numero 1 Berlino-Palermo, dal corridoio numero 8 all'alta velocità Napoli-Bari, dall'adeguamento della statale ionica al trasporto urbano meridionale, fino ad ora non abbiamo rilevato traccia in nessun atto parlamentare e di Governo, a partire dagli atti del CIPE (vedi l'ultimo del 26 giugno), in questo DPEF e neanche, per dirne uno fra i tanti, sul piano strategico delle infrastrutture.
Che dire, signor Presidente Berlusconi, della spesa in conto capitale destinata al sud, se gli investimenti pluriennali dei concessionari ANAS, Ferrovie dello Stato e Telecom sono solo numeri scritti nei programmi senza un euro di coperture finanziarie?
Infine, sul ventilato Ministero del Mezzogiorno un consiglio o se vuole un suggerimento: lasci perdere, il passato può essere solo storicizzato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).