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13 giugno 2014

La Preghiera come colpo di frusta


L'evento spirituale, promosso da Papa Francesco, per la pace in Medioriente, ha posto alle nostre coscienze il tema della "forza laica della preghiera". Sembra un ossimoro ma vorrei riflettere su questa grande novità. L'incontro di preghiera dei giardini vaticani rappresenta una tappa originalissima nella storia della diplomazia internazionale, resa possibile grazie alla peculiare statura spirituale di Papa Francesco che e' divenuto, anche grazie a questo evento, capo carismatico e leader morale di un nuovo umanesimo internazionale. La preghiera di Francesco diventa il colpo di frusta sulla pelle degli "impotenti" potenti della Terra, e' lo stimolo alle diplomazie a superare la spirale di odio-violenza-terrorismo che insanguina da decenni il Medioriente; la preghiera di Francesco può diventare la benzina nel motore a secco della pace. L'immagine, nei giardini vaticani, di Bergoglio tra il Presidente dello Stato di Israele Shimon Peres e il Presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen richiama l'immagine di un altro giardino, quello di Camp David, dove, il 13 Settembre del 1993, con il Presidente Bill Clinton, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat firmarono gli Accordi di Oslo. Quello fu il vertice politico-diplomatico che segno' il momento di maggiore prossimità alla Pace attraverso la coraggiosa accettazione, da parte dei due leader, di reciproci sacrifici che trovarono la violenta ostilità degli estremisti in campo palestinese e in campo israeliano. La stessa violenza che armo' la mano del colono ebreo Ygal Amir che, nel novembre 1995, assassino' Rabin. Da allora la pace si e' gradualmente allontanata e l'odio, l'occupazione militare e il terrorismo hanno preso irrimediabilmente il sopravvento. L'incontro di preghiera di domenica scorsa e' infatti la testimonianza e persino la conseguenza di una situazione di distanza ormai siderale dal negoziato, dal dialogo e dalla pace. Sarebbe un errore considerare il ricorso alla preghiera come ultroneo ad un negoziato politico-diplomatico legato alle condizioni materiali, alla sicurezza, ai confini, alle contrapposizioni storiche, geografiche ed etniche di due popoli. La religione e le confessioni sono un ingrediente fondamentale del conflitto. Non a caso, il richiamo a Gerusalemme, capitale delle tre confessioni monoteistiche, e' stato centrale nelle preghiere e nei discorsi di Peres e Abu Mazen. Fino a quando non si riconoscerà la spianata delle moschee come il luogo da cui Maometto ascese al cielo, sarà complicato qualsiasi accordo fondato sulla reciprocità. Fino a quando Gerusalemme sarà considerata unicamente la capitale indivisibile dello Stato ebraico di Israele, senza accedere all'idea di Gerusalemme Est capitale dello Stato sovrano della Palestina, sarà impossibile stilare un compromesso. Fino a quando continuerà la strategia, che con la destra di Benjamin Netanyahu ha assunto particolare vigore, di insediare migliaia di colonie in Cisgiordania, che creano discontinuità territoriale tra Gerusalemme Est e i territori palestinesi, sarà impossibile attenuare le sofferenze e l'orgoglio religioso dei Musulmani. Fino a quando il muro di separazione, eretto dai governi israeliani, che viola le risoluzioni dell'ONU sui confini del 1967, e umilia le popolazioni, sarà complicato riaprire la stagione del dialogo. La sosta fuori programma di Papa Francesco, nella recente visita in Terra Santa, davanti a quel muro, simbolo di odio e divisione, e' un formidabile messaggio alle autorità politiche. Fino a quando i Palestinesi non faranno una chiara ed inequivocabile scelta di rinuncia alla strategia del terrore e riconosceranno il diritto di esistere dello Stato israeliano, sarà arduo giungere alla soluzione " due popoli, due stati". Tra il giardino di Camp David e i giardini vaticani sono trascorsi più di vent'anni. In Medioriente l'odio e le sofferenze sono cresciute, i due popoli hanno vissuto preoccupanti evoluzioni estremistiche, le leadership moderate si sono indebolite, il campo della pace e' diventato subalterno al terrorismo e alla violenza militare. La Comunità internazionale sembra non avere la forza per far ripartire i negoziati e il processo di Pace. In questo vuoto, si sente forte la voce e la preghiera di Papa Francesco. Bergoglio si rivolge a Dio, e promuove una condivisione nella preghiera a Yahveh e ad Allah e facendolo, chiama in causa la Comunità internazionale, l'Unione Europea, e gli Stati Uniti d'America. Che ora non possono più far finta di nulla. 

 Michele Mazzarano
Consigliere regionale Pd