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24 giugno 2008

"Un colpo alla scuola pubblica" : 150 mila posti in meno in 3 anni



Attacco alla scuola pubblica", "Scuola statale a rischio smantellamento" e "scelte pesantissime sulla scuola".

Sono i commenti dei leader sindacali della scuola sul cosiddetto decreto fiscale di cui si conosce una prima bozza attendibile. Per tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e avviare il meccanismo virtuoso del merito il governo Berlusconi avrebbe previsto per la scuola una cura da cavallo. Nei prossimi tre anni dovrebbero saltare qualcosa come 150 mila posti di lavoro (100 mila cattedre e 47 mila posti di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) per recuperare la cifra record di 8 miliardi di euro.
I tagli andrebbero sotto la voce "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica" .
C'è poi la partita del personale Ata. Entro l'anno scolastico 2011/2012 è prevista una riduzione pari al 17 per cento della dotazione organica di bidelli, personale di segreteria e tecnici di laboratorio. Secondo questa ipotesi, le scuole avranno meno bidelli per vigilare gli alunni, meno addetti elle segreterie e meno tecnici presenti nei laboratori. Le reazioni. Francesco Scrima della Cisl scuola parla di governo che "decide all'ingrosso pesantissimi tagli del personale senza considerare le conseguenze sul piano della qualità dei servizi erogati". Parla si esecutivo che "non si interessa degli obiettivi che oggi la scuola deve ottenere, ma attacca semplicemente un pezzo di welfare". E continua: "Si taglia il futuro, si tagliano le radici su cui il Paese può crescere". "Tagliare altri 100 mila cattedre nel prossimo triennio - dichiara Rino Di Meglio, della Gilda degli insegnanti - significherebbe smantellare la scuola statale". Il perché è presto detto. "Sbaglia chi attribuisce alla scuola sprechi di denaro pubblico - spiega Di Meglio - basta vedere, per esempio, lo stato di fatiscenza in cui versa la maggior parte degli edifici scolastici, sovraffollati, a rischio sicurezza e carenti persino di banchi, sedie e gessi, e il rapporto docenti-alunni sempre più sproporzionato. Risultato: per investimenti nell'istruzione, l'Italia si trova agli ultimi posti nella classifica dei paesi sviluppati".
Si ipotizza, infatti, il ritorno al maestro unico nella scuola primaria e, nella secondaria, meno ore e meno materie per tutti, a partire dalle scuole tradizionalmente destinate ai ceti più popolari.
"Se la manovra venisse confermata - dichiara l'ex viceministro alla Pubblica istruzione, Mariangela Bastico (PD)- Non si tratta di azioni volte alla razionalizzazione e all'efficienza del sistema, come quelli messi in atto dal governo precedente. Si tratta di interventi volti allo scardinamento della scuola pubblica. I tagli in questione possono essere realizzati - continua - sono smantellando pezzi del sistema scuola". In che modo? "Utilizzare il rapporto alunni/docenti - spiega la Bastico - è improprio perché in Italia le anomalie cui fa cenno il governo attuale sono dovute, per esempio, alle politiche per l'integrazione dei disabili". "In Italia i posti determinati dalla integrazione dei disabili sono circa 150 mila, negli altri pesi o ci sono le scuole speciali o questi posti sono a carico delle Politiche sociali". E quali altri settori rischiano? "Il tempo pieno e il tempo prolungato alla scuola elementare - risponde l'ex inquilino di viale Trastevere - ma anche l'intera scuola dell'infanzia pubblica e l'istruzione degli adulti". Si potrebbe ritornare al maestro unico alla scuola elementare e si potrebbero ritoccare gli orari della scuola superiore. "
La cosa che mi meraviglia maggiormente è che il ministro Gelmini, nelle sue relazioni in Commissione, non ha accennato minimamente a politiche di riduzione così drastiche". E ancora, "la scuola non può reggere con un'assunzione ogni dieci pensionamenti", conclude. E per i 300 mila precari in attesa delle immissioni in ruolo il futuro si tinge di nero.

(di SALVO INTRAVAIA da "La Repubblica" 24 giugno 2008)