07 febbraio 2009
Clandestini, la Puglia toglierà la convenzione ai medici delatori
Il giorno dopo il voto al Senato che cancella il divieto di denunciare gli immigrati irregolari bisognosi di cure, medici, associazioni e politici dell’opposizione annunciano battaglia. Il primo è stato Nichi Vendola, presidente della regione Puglia, dicendo ai medici di famiglia che in caso di delazione la Regione non gli rinnoverà la convenzione.
Dopo di lui, tante le prese di posizione di esponenti politici e mondo medico, che pensano a mozioni per l'obiezione di coscienza o indicazioni precise da dare ai medici. La critica è unanime: «si tratta di un emendamento incostituzionale e illegale».
«È una misura non umana e oltre tutto sbagliata dal punto di vista sanitario: se il provvedimento passasse chiederò ufficialmente ai medici di agire in modo da mantenere la sicurezza sanitaria sul territorio», dice la presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso. Anche gli esecutivi di Marche e Lazio si sono schierati contro e stanno lavorando a mozioni sull'obiezione di coscienza, mentre il segretario del Pd, Walter Veltroni avverte che «alla Camera non potrà esserci un clima di dialogo sul federalismo con quelle forze che propongono sulla sicurezza norme barbariche come quelle approvate in Senato».
Come precisa l’associazione Medicina democratica, «l'emendamento della Lega è contro l’art. 32 della Costituzione, il nuovo codice deontologico dei medici Italiani approvato nel 2006 e la dichiarazione dei Diritti dell’uomo. Invitiamo perciò tutti gli operatori della salute al rifiuto della denuncia degli immigrati clandestini e alla esplicita disobbedienza civile». Soprattutto, rileva il Cisp-Sviluppo dei popoli, ong che si occupa di immigrazione, «non si può gestire l'immigrazione solo con la repressione». Compatto il fronte dei medici, da quelli cattolici a quelli che lavorano nei reparti di emergenza e pronto soccorso, ai ginecologi e i pediatri, che fanno sapere che «non denunceranno nessuno».
«Questo provvedimento rischia di render ancor più compromessa la situazione di molte madri e dei loro figli, persone in una condizione di massima vulnerabilità e che devono poter contare su un’ade guata assistenza socio-sanitaria», dicono Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) e Giovanni Monni, presidente dell’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi). «Se noi non facilitiamo l’accesso, nessuno verrà più a curarsi e si rivolgerà al mercato clandestino - avverte Aldo Morrone, che da anni cura e assiste gli immigrati e i barboni all’ospedale romano S.Gallicano -. O eviterà di curare malattie come la tubercolosi e la sifilide». Nessun dubbio invece dal presidente del Consiglio Berlusconi, secondo cui «il vero scandalo era obbligare i medici al silenzio».
Infine la Conferenza episcopale italiana. Dice monsignor Segalini, vescovo di Palestrina e segretario della commissione Cei per le migrazioni: «Il mio cuore di pastore mi dice di aiutare chi è in difficoltà e non sono obbligato a denunciare nessuno». Così, continua, «le indicazioni che daremo alle realtà di base sono quelle del rispetto delle leggi ma al di sopra di tutto c'è il rispetto della salute». Compito di un medico, aggiunge, «è quello di assistere chi soffre senza guardare ala religione, al colore della pelle o se è un condannato a morte».
Gazzetta del Mezzogiorno