Questa prescrizione legislativa smentisce nei fatti il lavoro svolto negli ultimi anni dal servizio pubblico e finanziato sia dal ministero della Salute sia dall’Isti - tuto Superiore di Sanità: la creazione di ambulatori «Patologie infettive dell’immigrato», cioé centri di eccellenza per la prevenzione e la cura di persone immigrate e spesso clandestine, appunto. Un progetto mirato, che si è basato molto sull’impegno volontaristico ma che è stato finanziato finora per 30mila euro, è operativo a Bari - presso la Clinica di malattie infettive e tropicali del policlinico - con un asse sperimentale di collaborazione con gli «Ospedali Riuniti» di Foggia, dove la clinica «infettivi» in questi anni ha censito e curato migliaia di immigrati (clandestini compresi) alloggiati a Borgo Mezzanone.
Che succederà, adesso? La reazione dei medici non ammette riserve: tra i camici bianchi non si mimetizzano né delatori né sceriffi. «Non credo - osserva la prof. Laura Monno, che dirige l’ambulatorio del policlinico di Bari - che nessuno possa denunciare nessuno per motivi di salute. Mi sembra ridicola come norma. Peraltro c’è la legge sulla privacy che pure i medici devono rispettare. Il risultato sarà che questa gente si eclisserà, scomparirà, sarà sempre più invisibile, ai margini della società».
E se questa gente fosse affetta da malattie infettive, aumenterebbero i rischi per tutti? «Evidentemente sì», replica, ma avverte: «In genere gli immigrati non sono untori. E’ gente sana: se si ammala, è perché contrae qui la malattia».
Il prof. Gioacchino Angarano, direttore della clinica «infettivi» di Foggia, lo dice chiaro: «Da noi vengono anche i clandestini, e quando vengono il nostro compito è curarli, anche in funzione della difesa della salute dei nostri concittadini». A sottolineare più di tutti il rischio di una sanità gestita dai trafficanti è proprio Angarano: «Per paura della denuncia, i clandestini non verranno da noi ma si rivolgeranno a circuiti paralleli, come già avviene per i cinesi. Poi però, i casi più gravi arriveranno comunque da noi, quando sarà tardi e più difficile, e perciò anche più costoso, curarli. Dunque sul piano pratico, la norma sortirà un effetto contrario a quello previsto, ma sul piano dell’immagine il ministro Maroni potrà mostrare la faccia cattiva come ha elettoralmente promesso».
Norma «razzista e criminale» la definisce Nicola Laforgia, direttore di Neonatologia al policlinico (nonché assessore alle Culture al Comune di Bari), il quale ricorda la vicenda del bambino morto proprio a Bari «per un’incauta circoncisione eseguita “artigianalmente». Il provvedimento, insomma, potrebbe restare di fatto inapplicato.